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ii - nella festa di sant'ambrogio 205


Volgi d’intorno il guardo; e vedrai Torme
100de’ suoi gastighi nel tuo corpo impresse.
Chi credi tu che tante in varia etade
dall’estremo aquilone armi spignesse
a rovinarti in si barbare forme?
Non, quale al vulgo appar, la tua beltade
105incontro a te le pellegrine spade
non allcttò, come il bel vello a Coleo
trasse i legni primier; ma gli error tuoi
punser, tacendo Ambrosio, i lenti buoi
ad ararti per mezzo orribil solco!
110mentre il crudo biflfolco,
de’ tuoi pianti e sospir duro al gran nembo,
spargeati ’l sai sterminatore in grembo.
Entro al bell’orbe di tue mura in tempio
sacrata al tuo gran Padre augusta mole
115s’alza vittrice del millesim’anno.
Ben al gran veglio alato incresce e duole;
ma toccar non Tosò giammai, né Tempio
barbarico furore a lei far danno,
però ch’ivi a posar le membra stanno
120sante di lui, ch’è tuo presidio e scorta.
Quivi però, se tu desii che ’l cielo
mai piú d’atro ti copra infausto velo,
di tue felicitá quivi è la porta;
indi vedrai risorta
125un’aura, che le nubi oscure et adre
sgombri, pur che tu ’l chiami: — O padre, o padre! —
Ben se’ rozza, o canzon; ma innanzi all’ara
n’andrai pur di colui, cui tesser godi
piccol fregio di versi; e ’l pregherai
130che dell’eccelso tuo platano, ond’hai
vita ed onor, gli caglia; e i dolci modi,
che suonan di sue lodi,
ei non sdegni, e lo stuol de’ cigni arguto,
ch’a lui fa di bei carmi annuo tributo.