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xxi - il tempo 233


di un gustato piacer dopo il contento,
la stanchezza, la noia e il pentimento.
E quando poi la sera
con vacillante lume
65di modesto color vestia d’intorno
il monte e la campagna,
e al placido riposo
que’ fidi amanti ad invitar venia;
tu nell’antro odoroso
70le tacite guidavi ore notturne
del nuzial mistero confidenti,
e i bei sogni tranquilli,
onde l’alme da’ sensi pellegrine
godessero d’un bene errante e vago,
75nel sonno ancor, la dilettosa imago.
Tu promettevi intatte
su le guance di latte
fiorir d’eterna gioventú le rose;
né minacciavi di solcar la fronte
80con aspre orme rugose:
vecchiezza non spargea di neve il biondo
lungo crine su gli omeri cadente,
né gravoso abbattea degli anni il pondo
il vigor de le membra e de la mente;
85ché de l’etá diverse
la vicenda volubile e fugace
era indistinta e sconosciuta ancora;
e ne l’alma del par che ne la spoglia,
benché terrena e frale,
90vivea l’uomo immutabile, immortale.
Ma poi che da le cupe inferne grotte
alzò la Colpa le funeste penne,
e a conturbar pervenne
de la pace il soggiorno e del piacere,
95tu, cangiando l’aspetto,
ti ribellasti a l’uomo