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xxi - il tempo 235


Fra nuvole di folgori e di lampi,
su l’ale a un cherubin rapido scende
135l’inesorabil Dio de le vendette:
gli sguardi volge maestosi e lenti
al tremante universo; accenna quindi
ai quattro opposti venti;
e con voce di tuon grida: — Si faccia
140l’adempimento de la mia minaccia. —
E traboccar ruggendo
ecco le vampe de l’eterno sdegno,
e natura sentir l’angosce estreme.
Van con fracasso orrendo
145da l’orbita natia svelte le stelle
pel firmamento ad azzuffarsi insieme...
Ahi! dove siete, o soli?
Dove fuggisti, o terra? Io piú non veggo
che un mar di fiamme procellose, e dentro
150naufragarsi i pianeti e l’universo.
A la feral confusion succede
spaventoso silenzio, e sol di fumo,
di polve e di faville
immensa nube e forinidabil ombra
155l’ampie ruine orribilmente ingombra.
E dove, o Tempo, ti nascondi? Hai forse
de la Natura moribonda orrore?
In van: fissa è nel cielo
anche la tua ne la comun ruina.
160Io giá cader ti veggo,
l’armi e le penne abbrustolite ed arse.
Ritorna al nulla, e rendi
l’impero de’momenti a Eternitade;
e, in questo di natura orror profondo,
165spento t’assorba l’atterrato mondo.