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244 | sonetti |
VI
A DON GIUSEPPE RIPAMONTI CARPANO
che gli avea inviati i suoi versi
[1754.]
Dolce dopo un alpestro, erto cammino
giugnere in Pindo; e de la fronda córre
che in riva di Peneo giá venne a porre
sue radici, arbor novo e pellegrino;
ma dopo superato il giogo alpino
scorger altri improviso il piè disciòrre,
e vedersi in un punto un premio tórre
a cui giá si sperava esser vicino,
amaro, ahi troppo! Illustre giovinetto,
i’ t’invidio, egli è ver; ma a te pur giova
questo ch’a forza in cor mi sorge affetto:
e a me non manco: a te piú chiara e nova
gloria cresce l’Invidia; e per lo stretto
arduo sentier fa che men tardo i’ muova.
VII
PER LA PRIMA MESSA DI JACOPO ANTONIO BAJONE
[1754]
Tu tratterai con man colui ch’esangue
giá pendè sulla croce per salvarne,
colui medesmo vero, e potrai farne
come piú vuoi, d’amor cotanto ei langue?
Tu beverai quel puro e vivo sangue
che sol poteo, giá sparso, in vita trarne,
e tuo cibo farai di quella carne
che fe’ tal danno al crudo infernal angue?
Quel cui gl’interminabili, profondi
spazi non bastan, non che i monti e i piani,
fia che tu nel tuo sen copra e circondi,
Bajon, si spesso, in modi alti e sovrani?
Oh Dio! com’esser denno intatti e mondi
quel seno, quelle labbra e quelle mani!