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246 sonetti


X

PER IL CONTE GIROLAMO LION

[1757.]

Certo non tu, signor, perder lasciasti
la vedova, che lassa a’ piedi tuoi
chiedea mercede, e i crudi affanni suoi
piagneva, e ’l nudo fianco e i duri pasti:
ma a lei la man porgendo, in piè l’alzasti;
e, — Donna, serenar le luci or puoi, —
dicesti, e ratto, qual solean gli eroi,
del vindice dei buon ferro Tarmasti.
Risero i geni, che degli umil tetti
son guardia, e in dubbio ancor dell’aurea etade
la Calunnia fuggi, che mille cangia
per sommo danno altrui forme ed aspetti;
e ’l Tradimento e la falsa Pietade
che, simulando amor, l’altrui pan mangia.

XI


PER LA MONACAZIONE DI DONNA MARIA SERPONTI


nel monastero di Sant’Agostino a Milano [1757.]


I.


Vanne, o vergin felice, entro romito
albergo: ivi Umiltade al fianco tieni,
che la rara Concordia unita meni
e il bel Silenzio, che sul labbro ha il dito.
Vedrai ne’ limitar sedersi ardito
Amor, superbo de’ feriti seni,
e Invidia tinta d’orridi veleni
e quel di risse eccitator Garrito.
Tu volgi ’l guardo in lor nubilo e parco,
qual vincitor che su i vinti rubelli
torvo sen passa e di lor spoglie carco;
ma guárdati da Amor: co’ suoi quadrelli
aspetteratti insidioso al varco
fra gli oziosi e striduli cancelli.