Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
sonetti | 247 |
XII
2.
Mancavan forse a te, vergin prudente,
e libertá cui gioventute apprezza,
e larga e lusinghevole ricchezza,
ov’ha suo cor la pazza mortai gente?
Chi ’l fervido desio t’accese in mente
ch’ai ciel sospira e i volgar lacci spezza?
Sol tu, d’insuperabile alterezza
armata, in sen le basse voglie hai spente.
Vedesti ben che qui siede monarca
il gran nimico del genere umano,
sopra la turba che dell’oro è carca;
e sprezzatrice del fango mondano,
pura colomba, ten volasti all’arca
cui l’avido dragon combatte invano.
XIII
PER LE VITTORIE AUSTRIACHE SUI PRUSSIANI
in Boemia nel 1757.
I gravi carri e i bronzi che per cento
bocche mandaron giá morte e rovina,
or vanno in fuga, e su, con fronte china,
vi siedon la Vergogna e lo Spavento.
Con le man sovra il ciglio l’Ardimento
sé chiama folle e innanzi a lor cammina;
e dietro, onde al cor abbia acuta spina,
i plausi vincitor gli porta il vento.
Né Giustizia è ancor paga. Arditi cori
seguon l’unghero eroe: Vittoria il guida
e in alto sparge i lusinghieri allori.
Intanto Eternitade, o a l’Austria fida
gente, alza un tempio, ove co’ tuoi onori
l’orgoglio e l’onta del nemico incida.