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258 | sonetti |
XXXIV
PER LA CANTANTE CLEMENTINA PICCINELLI
[1767-68.]
1.
Mirate come scioglie e come affrena
il passo altier, quasi ondeggiante mare,
e come grande e maestosa appare,
e sola di sé sola empie la scena.
Mirate, l’alma d’armonia ripiena,
le volubili braccia alto spiegare;
ed esser fiera e volgere e chinare
molle il bel corpo, or torbida or serena.
E il petto piegar morbido vedete;
e di sé far con variato accordo
quadro che tal non pingerebbe Apelle.
Mirate, non giá tu, volgo aspro e sordo,
ma voi gentili, che la forza siete
a sentir nati de le cose belle.
XXXV
2.
Se i lacci poi del tuo bel genio indegni
al fin tu spezzi, e torni Ifigenia;
e nel volto, ch’or teme ora desia,
fingi affanno, pietá, sospetti o sdegni,
quei che del duol scolpisci arditi segni
ne turban la ingannata fantasia;
e i mossi spirti dall’aperta via
piomban suH’alme ove trionfi e regni:
e non occupa giá con lungo errore
l’anime fredde in sterili diletti
il canto che accompagna il tuo dolore;
ma, dolce secondando i moti e i detti,
in noi discende, e ne spalanca il core
al placido inondar de’ vari affetti.