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260 | sonetti |
Pensa che all’acqua tacita e profonda
il vento impetuoso ancor non manca;
che, quanto è stretto piú tra sponda e sponda,
piú violento il pin flagella e stanca.
Dunque non creder tanto alla tua forza,
né alle lusinghe del tranquillo piano;
ma guardati mai sempre a poggia e ad orza.
Sta nel tuo sen quella possente mano
che ti move, ti guida e ti rinforza:
quella ubbidisci, e ogni timor fia vano.
XXXVIII
2.
Pien di contrasto e di pena e di stento
è il calle ove tu vai, vergine ardita;
l’entrata è aperta, e n’è chiusa l’uscita;
e tardi vien, se viene, il pentimento.
Dolce speranza e salutar spavento
tengono in dubbio l’anima smarrita:
tal quindi vola alla beata vita;
e tal ne scende all’eterno tormento.
Pensaci, e non sperar ch’altri che Dio
ascolti per la strada il tuo ricorso,
e sostenga l’intrepido desio.
Sempre domanda a Lui, sempre soccorso.
Quante precipitar giú dal pendio,
ch’eran vicine a terminare il corso!