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sonetti | 275 |
LXVII
PER MARIA BEATRICE D’ESTE (?)
[1789.]
Ardono, il credi, al tuo divino aspetto,
alma sposa di Giove, anco i mortali:
tai da le bianche braccia e dal bel petto
e da i grandi occhi tuoi partono strali;
e ben farsi oserien ai numi eguali
fuor dimostrando il lor celato affetto,
se al fervido desire il volo e Tali
non troncasser la tema ed il rispetto.
Ission, che nel cor la violenta
fiamma non seppe contenere, or giace
sopra la rota, e i voti altrui spaventa:
ma, se il caso di lui frena ogni audace,
non è però che i pregi tuoi non senta
piú d’un’alma gentil, che adora e tace.
LXVII I
ALLA PRINCIPESSA GIUSEPPA TERESA MARIA DI CARIGNANO
in nome del marchese Molinari che giá l’aveva ospitata in una sua villa [1790].
Se a me il destin di celebrar contende
nel tuo cospetto, inclita donna, il giorno
che a te diè vita, e fece il mondo adorno
d’ogni pregio e virtú che in ciel risplende;
gradisci almen quel che da lungi ascende
puro mio culto al tuo regai soggiorno,
e gl’inni accogli onde sonar fo intorno
l’eco silvestre che il tuo nome rende.
Sai che indegni di te piú non son questi
lari e le tazze che di vini or empio
te festeggiando in fra gli amici onesti;
poi che del prisco Filemon l’esempio
ospite nume ritornar qui festi,
e la capanna mia cangiasti in tempio.