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276 | sonetti |
LXIX
PER NOZZE G. B. LITTA-BEATRICE CUSANI
[carnevale 1793.]
Fingi un’ara, o pittor. Viva e festosa
fiamma sopra di lei s’innalzi e strida:
e l’un dell’altro degni, e sposo e sposa,
qui congiungan le palme; e il genio arrida.
Sorga Imeneo tra loro; e giglio e rosa
cinga loro a le chiome. Amor si assida
sulla faretra; e mentre l’arco ei posa
i bei nomi col dardo all’ara incida.
Due belle madri al fin, colme di pura
gioia, stringansi a gara il petto anelo,
benedicendo lor passata cura:
e non venal cantor sciolga suo zelo
a lieti annunci per l’etá ventura:
e tuoni a manca in testimonio il cielo.
LXX
IN OCCASIONE DI UN «TE DEUM»
per le vittorie sui francesi del 1793.
Viva, o Signor, viva in eterno, viva
l’alta stirpe reai, ch’ami e proteggi.
Per lei nel popol tuo stan le tue leggi
e il sacro foco sul tuo aitar si avviva.
Pari al cedro, o Signor, pari all’oliva,
lo scettro salutare onde ne reggi
e fiorisca e si spanda, e in novi seggi
germini altero ovunque il sole arriva.
Odi propizio. A te preghiam, Signore;
non per superbia no, ché al sol tuo fiato
va qual polvere vii dispersa a i venti;
ma perché il mondo, al par di noi beato,
de’ benefici tuoi provi il maggiore,
e il santo nome tuo cantin le genti.