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sonetti 277


LXXI

MANDANDO UN ESEMPLARE DELLE SUE ODI

ALLA CONTESSA MARIA CASTELBARCO nata LITTA

[1793?]

     Rapi de’ versi miei picciol libretto
Amor, non sazio mai di furti e prede;
e me schernendo a seguitarlo inetto
fuggissi a volo; e a Citerea lo diede.
    E disse:—O madre, a te sia il dono accetto,
benché non molta in questi carmi ho fede:
se non mentisce del cantor l’aspetto
e l’usurpata chioma e il debil piede.
     E tu ben sai che la tua bella face
tardo inspirò di poesia furore
di Teo soltanto al vecchiarei vivace. —
     Rise la dea: di vago almo colore
si tinse; e replicò: —Tutto a me piace
quel che mi vien da le tue mani, Amore.—

LXXII

PER LA NASCITA DI FERDINANDO

primogenito dell’imperatore Francesco 1 d’Austria [1793].

     Pari a fumo d’incenso i nostri voti
giunsero al cielo: e Dio ne fe’ sua cura.
— Ecco, — dice il Signore, — andrá secura
la stirpe ch’io proteggo, a i di remoti.
    Or son del regno i fondamenti immoti;
forte il mio braccio ne sostien le mura;
mia veritá, che nebbia non oscura,
e la giustizia mia saran sue doti.
     Sdegno non fia ne la cittá; l’orgoglio
tornerá infranto del nemico esterno,
come flutto del mare incontro a scoglio.
     Pace e felicitá dal ciel superno,
quasi nembo di manna, e sopra il soglio
e sopra il popol mio, cadrá in eterno. —