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292 | sonetti |
XCVII
PER LA MARCHESA PAOLA CASTIGLIONI LITTA (?)
Quand’io sto innanzi a que’due lumi bei,
vorrei mille segreti e mille aprire;
ma s’affollan cotanto i pensier miei,
che, per troppo voler, nulla so dire.
Dice Amor: — Pusillanime che sei,
non sai che nel mio regno è d’uopo ardire? —
I’ gli rispondo: —Amore, i’ parlerei,
ma chi può a gran desir gran detti unire? —
Sorride alquanto entro al mio petto Amore:
indi mosso a pietá ne gli occhi ascende
pur con la face e pur co i dardi sui:
e, quasi d’alto pergamo oratore,
quindi parla per me, prega, riprende:
i’ mi sto quieto, e lascio fare a lui.
XCVIII
ALLA MARCHESA PAOLA CASTIGLIONI LITTA
che piglia i bagni nella sua villa di Povenzano.
Le fresche ombre tranquille, i colli ameni
e queste di vigore aure feconde,
che tu respiri, e queste tiepid’onde
ove le belle membra ignuda tieni;
si, domeranno alfin gli aspri veneni,
donna gentil, che il tuo bel petto asconde;
e a te l’alma Salute, ore gioconde
portando, tornerá co’ piè sereni.
La patria e il mondo allor con grato core
porrá al genio del loco un’ara in segno;
e queste note inciderávvi Amore:
«Salva colei, che di virtú, d’ingegno,
di grazia, di modestia ottiene onore
sopra quant’altre lian di bellezza il regno.»