Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/373

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traduzioni 367


sostienmi; gli occhi miei copre la notte;
e questi sospir teneri son l’ultimo
addio: giá vinta cedo al male; io moro. —
Queste sul labbro moribonde voci
200faccian fede ad altrui del crudo affanno
d’un si tenero amante: ma tu solo
tu puoi, o Amor, dipingerne le pene.
Colombo intanto, il suo dolor mostrando
con gemiti e lamenti, in van s’adopra
205per procurarle aita; ché la bella
Zama giá oppressa dal velen non ode
i suoi singhiozzi; e giace semianime
fra le braccia di lui. Al fèro aspetto:
— O ciel, —grida l’eroe, — me la rendesti
210dunque in si tristo di, per poi ritorla
in un momento? O uccidine ambidue,
solo incontro a me tuo furor stanca.
     Ahi lasso, che la misera perio
per giugner me... Son io dunque colui,
215che la diè in preda a la nemica Parca?
O Zama, o Zama, e quale in sen nodrivi
dubbio de’ miei desir? Le tue virtudi
e la somma beltá ti rendean certa
de’ caldi affetti miei. Ché non attendermi
220dunque colá su le tue patrie rive
u ’l mio pensier, che in sen de la vittoria
venia sovente a te, giá meditava
compiere il bel disegno?
Dolci querele d’un si caldo amore
225onde tosto al mio cor l’obbietto è tolto,
sopra questa bellezza oramai spenta
piú poter non avrete, e l’ardor mio
cosa non ha che lusingar la possa.
Ahi doglia! ahi sorte! ahi perfida Vascona!
230Ma che vegg’io? Ancor torna la luce
a’ begli occhi di Zama, e le sue labbra