Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/38

Da Wikisource.
32 opere drammatiche


Silvia. (Egli è stranier, qual sembra: ah certo è desso,

certo è lo sposo mio), (a Fauno) Pastor favella.
Fauno. (a Silvia, scostandosi Ascanio)
A te Aceste m’invia: di te chiedea:
qui condurti ei volea. Di giá si sente
la gran diva presente. In ogni loco
sparge la sua virtú. Vedi quell’opra
che mirabil s’innalza? I geni suoi
la crearon pur dianzi. Io e i pastori
ne vedemmo il lavoro,
mentre qua recavan ghirlande e fiori.
Ciò narrammo ad Aceste: ed egli a noi
meraviglie novelle
ne mostrò d’ogni parte. Oh se vedessi!
Silvia, sul sacro albergo
ove seco dimori, una gran luce
piove e sfavilla intorno, e par che rieda
pria di morir verso l’aurora il giorno.
Tutto il pendio del colle
onde qua giú si scende,
di fior vernali e di novelli germi
tutto si copre. Per la via risplende
un ignoto elemento
di rutile vivissime scintille,
onde aperto si vede
che volò su quel suolo il divin piede.
Ma troppo tardo ornai.
Silvia. (Quanto ti deggio,
amabil deitá!)
Fauno. Volo ad Aceste:
dirò che piú di lui
fu sollecito amore... (a Silvia, accennando di partire)
Ascanio. (accostandosi a Fauno)
Ed a me ancora
non volevi parlar, gentil pastore?
Fauno. Ah, quasi l’obliai, (ad Ascanio) Garzon, mi scusa.