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ii - ascanio in alba 33


In di cosí ridente

l’eccesso del piacer turba la mente.
Ad Aceste narrai
come qui ti conobbi, e ti lasciai.
Ascanio. E che per ciò?
Fauno. Sorrise
lampeggiando di gioia il sacro veglio.
Levò le mani al cielo, e palpitando:
— Sento, — mi disse, — un non inteso affetto
tutto agitarmi il petto...—
Silvia. (Oh caro sposo!
Non ne dubito piú.)
Fauno. — Vanne, — soggiunse, —
cerca de lo straniere. —
Silvia. (Il saggio Aceste
nell’indovina mente
tutto sa, tutto vede, e tutto sente!)
Ascanio. Che vuol dunque da me?
Fauno. Per me ti prega
che rimanga tra noi fin che si sveli
a noi la nostra dea. Vuol che tu sia
de’ favori di lei,
de’ felici imenei, del nostro bene
nuncio fedele a le rimote arene.
Silvia. (Oh me infelice! Aceste
dunque noi crede Ascanio!)
Ascanio. (Ahimè, che dico?
Oh dura legge!)
Fauno. (ad Ascanio) E che rispondi al fine?
Ascanio. Che ubbidirò... che del felice sposo
ammirerò il destin...
Silvia. (Misera! Oh numi!
Dunque Ascanio non è. Che fiero colpo!
Che fulmine improvviso!) (si ritira e si siede abbattuta
fra le ninfe verso il fondo della scena)
Ascanio. Alfin, pastore,
di’ che l’attendo.