Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/41

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ii - ascanio in alba 35


Se pietá dell’alme amanti,

o gran diva, il sen ti move,
non voler fra tante prove
agitarle ognor cosí, (si ritira dalla scena)
Silvia. Ferma, aspetta, ove vai? dove t’involi?
(accorrendo ad Ascanio, e poi trattenendosi)
Perché fuggi cosí! Numi! che fo?...
Dove trascorro, ahimè!... Come s’oblia
la mia virtú!... Si, si risolva alfine.
Rompasi alfin questo fallace incanto.
Perché, perché mi vanto
prole de’ numi, e una sognata imago
travia quel cor che al sol dovere è sacro,
e sacro a la virtú?... Ma non vid’io
le sembianze adorate
pur or con gli occhi miei?... No, non importa.
Sol d’Ascanio son io. Da lor si fugga.
Se il ciel cosí mi prova,
miri la mia vittoria... E se il mio sposo
fosse quel ch’or vid’io?... Ah mi lusingo!
Perché in si dolce istante
non palesarsi a me? perché mentirsi,
e straziarmi cosí?... No, mi seduce
l’ingannato mio core... E s’anco ei fosse,
vegga, che so lui stesso
sacrificare a lui,
e l’amato sembiante ai merti sui.
Ah si corra ad Aceste:
involiamci di qui. Grande qual sono
stirpe de’ numi al comun ben mi deggio.
Fuor che l’alma d’Ascanio altro non veggio.
Infelici affetti miei,
sol per voi sospiro, e peno.
Innocente è questo seno:
noi venite a tormentar.