Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/44

Da Wikisource.
38 opere drammatiche


date principio; e la pietosa dea

invocate con gl’inni.
Coro. Scendi, celeste Venere,
e del tuo amore in segno
lasciane il caro pegno
che sospirammo ognor.
Silvia. Ma s’allontani almen dagli occhi miei
quel periglioso oggetto. Il vedi? (accennando Ascanio)
Aceste. (guardando Ascanio) Il veggio.
Parmi simile a un dio.
Ascanio (Silvia mi guarda:
che contrasto crudeli)
Aceste. No, cara figlia,
no, non temer. Segui la grande impresa,
vedi che il fumo ascende, e l’ara è accesa.
Osservate, o pastori.
(cominciano a scender delle nuvole sopra l’ara)
Ecco scende la dea. Tra quelle nubi
si nasconde la dea. Oh Silvia mia,
meco all’ara ti volgi: e voi, pastori,
de le preghiere ardenti
rinnovate i clamori.
Coro. No, non possiamo vivere
in piú felice regno.
Ma senza il caro pegno
non siam contenti ancor.
Aceste. Ecco, ingombran l’altare
(le nubi si spandono innanzi all’ara)
le fauste nubi intorno. Ecco la luce
(si veggono uscir raggi di luce dalle nuvole)
de la diva presente, ecco traspare.
Coro. Scendi, celeste Venere,
e del tuo amore in segno
lasciane il caro pegno
che sospirammo ognor.
Aceste. Invoca, o figlia, invoca