Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/196

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quanto avrei usato del poco mio ingegno, stato finora sommerso nel torpore e nella stupiditá; quanto il mio cuore sarebbe stato lontano dalla noia! Pochi momenti io ho provati veramente e vivamente piacevoli in tutto il corso di questa ria stagione. Quali sono stati essi? La pritgo ch’Ella non mi faccia l’ingiuria di non mi credere. Essi sono stati quelli, si soltanto quelli, in cui le due stimabili amiche Cusani e Castiglioni, forse senza avvedersene, mi hanno renduto lieto e beato, parlandomi di lei. Sovvienimi ora d’un altro. Ciò fu quando io lessi i versi recentemente pubblicati dal cavalier Pindemonti. Tali versi, benché non mi soddisfacciano del tutto per rispetto al tutto, contengono per altro delle cose belle. Ma quale fu il momento in cui piú mi piacquero? Voglio lasciarlo indovinare alla rispettabilissima Silvia. Quanto sarei io felice di vedere ora quel sorriso, che le scherza sulle labbra, nell’atto dello indovinare! Ciò s’intende, quando Ella sorrida della cosa, non giá se per mia sventura sorride di me. Ma il foglio è vicino ad esser pieno, ed io non torrei mai la penna dalla carta. Affrettiamoci come il viandante, a cui sopravviene la sera. Infine, dopo tante ciarle, che mi resta egli ora per consolarmi? Non la presenza dell’oggetto, per cui solo io sento di sentire la vita; non una immagine davanti agli occhi, che me ne rappresenti almeno le forme; non copia ed effusione del suo spirito e delle sue grazie in lettere. Altro non mi resta che ciò, che ne ho profondamente stampato, dove...? nella mente. Ma ciò è molto per eccitare il desiderio, poco per soddisfarlo. Ma non è però mai poco ciò che tiene l’anima in attivitá. So bene, ornatissima dama, ch’Ella si maraviglierá di questo mio tenore di scrivere tra il faceto e il galante, né vorrei eh’ Ella mi credesse manco rispettoso perciò. Che sarebbe, se io coprissi sotto il velo di questo stile qualche sentimento piú solido e piú vivo, che non osassi peranco di mostrarle, non essendo meglio affidato a farlo? Con ciò significherei tanto piú i riguardi d’ossequio e di venerazione che le debbo e le professerò in eterno, ecc. Milano, 25 febbraio 1789.