Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/309

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P. 35: 1 . 3. Prima di «Cappita!» nella prima redazione si legge: «Deh lasciate, ch’io son ben persuaso che voi ci ricordate ogni cosa». — 1. 4. «avete» per «abbiate». —1. 7. «abbiam ragione d’esiggere» per «meritiamo». — 1. 8. «popolari» per «plebei». — 1. 9. «una grande» per «di molta».— 1 . 13-18. Nella prima redazione manca tutto il periodo: «Ma ditemi... dell’Eccellenza?»— 1 . 19-23. Nella prima redazione le parole del nobile suonano cosi: «È egli però possibile che tu non ti avvegga quanto celebri, quanto illustri e quanto grandi uomini sieno stati questi miei avoli?». Poi manca tutto quello che segue nella redazione definitiva, fino alla replica del poeta, che comincia: «Io giurovi...», cioè tutto il resto della pagina 35, tutta la pagina 36 e le prime tre linee della p.37. I*. 37: 1 . 8 . Nella prima redazione mancano le parole «o trovale». — 1 . 9-12. Nella prima redazione mancano le parole da «hann’egli salvato» a «stabilimento?». — I. 13. «avoli vostri meritavano» per «vostri avoli meritarono». — 1 . 17-19 Nella prima redazione mancano le parole «che piú d’ogn’altro... famiglie, altri», e dopo «antichi» si legge: «de’ nostri».—1. 20-21. «furono da quelli insignemente beneficati» per «vennero da questi ricompensati largamente». — 1 . 26. Nella prima redazione, dopo «paese», è un punto fermo, e mancano poi tutte le altre parole del nobile, fino alla 1 . 3 della p. 38 («nostre sale»). Invece si legge quanto segue: «Tu ben vedi che in simili circostanze, sia per timore d’essere perseguitati, sia che per le varie vicende s’erano scemate le loro facoltá, si ritirarono a vivere ne’ loro feudi, [si) ricoverar in certe loro ròcche si ben fortificate, che gii orsi non vi sarebbon potuti arrampicare, dove non ti potrei ben dire quanto fosse grande la loro potenza. Bastiti il dire che nelle colline, ov’essi rifugiavano, non risonava mai altro che un continovo eco delle loro archibusate, e ch’egli erano dispotici padroni della vita e delle mogli de’ loro vassalli. Ora intendo quanto grandi e quanto rispettabili omaccioni fossero costoro, de’ quali tenghiamo tuttavia i ritratti appesi alle nostre sale. — Poeta. Or via, voi avete detto abbastanza dello splendore e del merito de’ vostri avi Non andate, vi prego, piú oltre, perché noi entreremmo forse in qualche ginepraio. Per altro voi fate il bell’onore alla vostra prosapia, attribuendo a’ vostri ascendenti il merito che finora avete attribuito loro. Voi fate tutto il possibile per rivelare la loro vergogna e per Svergognare anche voi stesso, se fosse vero, come voi dite, che a voi dovesse discendere il merito de’ vostri maggiori e che questi fossero stati i meriti loro. Io credo bene che tra’ vostri antenati, cosi come tra’ nobili che io ho conosciuti, vi saranno stati di quelli che meriterebbero d’essere imitati per l’eccellenza delle loro sociali virtú ; ma, siccome queste virtú non si curano di andare in volta a processione, cosi si saranno dimenticate insieme col nome di que’ felici vostri antenati, che le hanno possedute. — Nobile. Or ti rechi molto in sul serio tu ora. — Poeta. Finché voi non mi faceste vedere altro che vanitá, io mi risi della leggerezza del vostro cervello; ma, dappoiché mi cominciate a scam-