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il sistema, e rigettare alcuni in auell’ultimo fondo d’onde mai non uscí persona viva ?

È vero : certi reati non paiono possibili a commettersi da chi serba briciolo di umanitá. Ma altro è legislatore, altro è profeta. E percuotere un reo di tale colpo, che piú mai non s’abbia a rialzare, significa : o vaticinare per divina ispira- zione l’impossibilitá della riammessione del colpevole nella compagnia umana, od abbarrare la strada, quanto è in nostra forza, ai disegni della provvidenza.

«Forse perchè (diceva Pellegrino Rossi, sí solenne mae- stro nella scienza criminale), forse perchè il colpevole s’è precipitato fino a delinquere, vi credete che fatto egli siasi nelle mani del potere come uno strumento da atterrire i de- pravati ; e che, svestita l’umanitá, siasi tramutato in una macchina da Governo? No, il delitto non ritoglie all’uomo la natura che tddio gli ha dato; l’uomo resta sempre un essere sensibile, con intelligenza, libero arbitrio e moralitá ; e gli restano pur sempre dei doveri da compiere, e dei diritti primi che in lui eziandio si deggiono rispettare.»

Anche P’emenda, con la quale si costringe il condannato a

riconoscere un torto che il piú delle volte pensa di non avere, è un rischio, ed una barbarie.

È un rischio morale, poichè mette tra i rimedi d’un male la bugia e la impostura : e certo il condannato è impostore, e bugiardo, se pronuncia tale ritrattazione cui l’animo non consente. a

È barbarie, poichè eostringe il colpevole ad un’abiura che nelle sue convinzioni può riguardare siecome una apostasia : ciocchè si risolve nella strana pretesa di dominare persino le opinioni cogli argomenti della forza.

XVI. La Commissione non istimò altrettanto giovevole di abolire la ammonizione : la quale non poche volte sa ren- dersi profittevole ed all’accusato ed all’uditorio,

Senzachè, chi abolisca ammonizione come pena accessoria viene indirettamente a decretarne l’abolizione anehe dove l’articolo 56 del Codice permette d’infliggerla tutto sola. Indi il giudice in codesti casi o non avrebbe alcuna pena da ap- plicare, o, per ron rimandar immune il colpevole, dovrebbe salire all’applicazione di una pena maggiore.

XVII. A tesservi la storia fedele dei dibattimenti che eb- bero luogo in seno della vostra Commissione, rimane che io vi dica, aver taluno tra noi opinato che si dovessero le di- sposizioni dell’articolo 12 distaccare, e farsene un progetto di legge a parte.

Il motivo era questo : che fra la materia contenuta nell’ar- ticolo 12, e le materie sulle quali statuiscono gli articoli pre- cedenti, non si riscontra punto di connessione.

Ma la maggioranza, considerato che è precipuo carattere del presente progetto l’attuare quelle riforme che parvero piú urgenti nel nostro diritto penale; che il carattere di urgenza niuno tra noi dinegava che si attagliasse alle aboli- zioni proposte nell’articolo 12, le quali furono assai volte re- clamate, e nell’ultima Legislatura votate dalla nostra Camera ; che poco rileva la mancanza d’affinitá tra la materia di questo articolo 12 ed il tema degli altri, quando la presente legge non può essere riguardata che per transitoria e da do- versi trasfondere nel nuovo Codice; ha stimato meglio di non moltiplicare il numero delle leggi, e lasciò l’articolo 12 per entro al progetto che attende i vostri suffragi.

XVII. E qui sul finire, tornando al punto da cui abbiamo preso le mosse, ripetiamo: che in questi pochi articoli ci piac- que ravvisare come una caparra, piú che altro, od una ga- ranzia della promessa revisione delle leggi tutte penali. Per la quale non dovremo cessare mai di sollecitare con voti con-

Sessione DEL 1853-54 — Documenti — Vol. I. 57

tinui il Governo, se pure vogliamo che al paese nostro non si applichi ciò che il celebre Julius notava della Prussia «che il difetto delle leggi penali-avrebbe paralizzato ed affogato per lungo tempo avvenire i salutari effetti delle nuove istitu- zioni» (1).

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 4. Primo alinea identico al progetto del Ministero.

Le disposizioni di quegli articoli non sono applicabili agli atti spettanti all’esercizio pubblico dei culti tollerati.

Art. 2 e 3. Identici al progetto del Ministero.

Art. 4. Qualorque contravvenzione alle regole vigenti so- pra la necessitá dell’assenso del Governo per la pubblicazione od esecuzione di provvedimenti relativi ai culti, sará punita, secondo i casi, col carcere estensibile a sei mesi, o con multa estensibile a lire cinquecento.

Art. 5. Non varranno di scusa al colpevole dei reati pre- visti nei tre articoli precedenti nè la stampa non incriminata del discorso o dello scritto, nè l’ordine del suo supvriore, sia esso nello Stato od all’estero.

Art. 6, 7,8,9,410 e 11. Identici al progetto del Mini- siero.

Art. 42. La berlina e l’emenda, siabilite come pene acces- sorie nel Codice penale, sono abolite.

Relazione del ministro di grazia e giustizia (Rattazzi), 20 marzo 1854, con cui presenta al Senato il pro- getto di legge approvato dalla Camera nella tor- nata del 13 stesso mese.

Sicnori! — Le poche modificazioni ed aggiunte al Codice penale, che trovansi ristrette nel progetto di legge che mi è dato di presentare al Senato, furono dal Governo del Re sti- mate talmente necessarie da non doversi rimandare alla ge- nerale revisione di esso Codice, che, per quanto vogliasi accelerare, debb’essere l’argomento di piú lunga meditazione.

L’articolo primo di questa legge ha per oggetto di correg- gere una dissonanza che apertamente si scorge tra l’articolo +6 della legge 26 marzo 1847 sulla stampa e gli articoli 164 e 165 del detto Codice penale.

Si rende cosí un nuovo e solenne omaggio alla religione. dello Stato, conservando i] principio della penale sanzione con-

tro agli atti di ogni maniera per cui essa religione sia attac-

cata od offesa; ma la misura delle pene è sensibilmente di- minuita e posta in correlazione con quelle comminate dalla prementovata legge sulla stampa; che anzi la detta penale sanzione pei reati commessi fuori della stampa viene impron- tata di maggiore mitezza, attesochè quelli commessi con la stampa ritraggono maggiore gravitá dalla piú vasta pubblicitá che ottengono, onde possono largamente esercitare la male- fica loro azione sovra un piú gran numero di persone.

Mentre però si viene cosí confermando il principio della penalitá per gli attacchi e per le offese alla religione domi- nante, si reputa anche necessario, avuto rispetto alla ra- gione dei tempi ed ai diritti consacrati dallo Statuto e dalîe leggi dello Stato, di eccettuarne espressamente gli atti spet- tanti all’esercizio anche pubblico, purchè rimanga ordinato ed inoffensivo, dei culti tollerati.

(1) Legons sur les prisons.