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egli altrove raffigura candido con la tunica color di croco, gira intorno a due innamorati; e manda loro augurii buoni con piccoli starnuti. I due innamorati sono un Romano e una Greca1. Si direbbe un simbolo. In questa poesia sono nominate insieme la Syria e la Britannia, il che ne dà il tempo: l’anno delle spedizioni di Cesare e di Crasso. Non vi è in altre poesie allusione ad avvenimenti posteriori. Tacque il poeta, o morì? Morì: poichè Hieronymo, pure sbagliando l’anno, afferma che morì giovane: a Roma. E giovanili chiama Ovidio le tempie di lui nell’Elysio.

Catullo fu un giovane (caro agli dei fu, e del dono divino non dobbiamo essere immemori) sincerissimo e pronto perciò sì all’amore e sì all’odio. Come era di natura buona ed elegante, così più sovente era offeso da ciò che vedeva di tristo e di brutto, che consolato dal bene e dal bello. Egli fu quindi più spesso iambico che melico, più spesso amaro nell’elegia che tenero. E i metri melici e iambici confonde alle volte sì che non raramente nei primi saetti l’odio, nei secondi espanda l’amore. Per questa prevalenza iambica Quintiliano, che lo loda con Bibaculo tra gl’iambographi, ne tace tra i lirici: at lycorum idem Horatius fere solus legi dignus2. Così Porphyrione cita solo Laevio, come scrittore lirico avanti Orazio3. In verità, questa misura e confusione di generi è ciò per cui piacque e piace, per cui sembrò e sembra originale il poeta Vero-

  1. Pag. 84 [XXXV].
  2. Quintil. IO. 10, 1.
  3. Porph. Od. III i 3,