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Pagina:Pascoli - Antico sempre nuovo.djvu/333

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lvcvs vergili 319

Qual, per la bruma, nel bosco si vedono nuove le frondi
verdi del vischio, di cui dischiuse altro albero il seme;
e che per i lisci suoi rami or mette le coccole gialle.

E, appunto appunto, ecco pure due colombe, le quali si levano dalla quercia e volano. Dove? Dove anche le api coi loro voletti brevi, dopo essersi empite di nettare e di polline. E io seguo le api passo passo e mi trovo in un viale di tigli1, e poi in un vivaio o bruolo di piantine d’ogni specie2, e poi avanti un orticello cintato di canne ben disposte a mandorla e legate con vinchi. E all*orticello fa riscontro un giardinetto, orlato e difeso da bussoli, e dietro Torto e il giardino una casetta rustica e bella, alla cui altana di legno s’attorce una vite selvatica: la lambrusca3.

È la casa questa del custode del bosco sacro.

Il custode, in vero, si drizza della persona da un solchetto dell’orto e mi guarda.

IV.

Non sei tu il vecchietto Cilice, nato a Córyco? Non eri stato corsaro a bordo di qualche myoparone, e preso e graziato, non avesti qui in Italia un po’ di terra da coltivare? E tu riprendesti l’arte che in Cilicia è in fiore, dell’ortolano e giardiniero, ingegnandoti di precorrere le stagioni e d’avere l’erbe e i fiori della tua patria sotto altro sole. E da Taranto dove il poeta ti vide, qui sei venuto a

  1. I tigli, Georg. I 173, II 449, IV 141, 183.
  2. Vedi Georg. IV 141 sgg.
  3. La lambrusca o vite selvatica, Buc. V 7.