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degli immortali vengono inevitabili1; non ostante che nella famosa Salamis (di cui vedi Plut. Sol. c. 8) egli abbia forse scelto il metro elegiaco, perchè intonato alla sua simulata pazzia, come quello che ricordava il vino e il convivio2. Fatta poi filosofica, in Xenophane l’elegia, pur nel convivio, risuona grave e composta, rigetta i discorsi di battaglie, mitiche e civili, alle quali era avvezza, e parla di virtù e di saggezza: «chè di forza d’uomini e cavalli è migliore la nostra sapienza»3. Così ella cambia d’argomento e di tono, ma ricorda sempre le sue origini: «Beviamo, scherziamo, vada per la notte il canto, ognuno danzi!....»4. Il pavimento è pulito: l’acqua è data alle mani, i calici lustrano. Un servo pone al capo dei convitati la ghirlanda di mortella e di rose, un altro porge l’odoroso balsamo nella fiala. Il cratere è in mezzo: il vino sente di fiori. L’olibano brucia facendo sentire il suo odore sacro: l’altare è pieno di fiori e la mensa di pani biondi e miele e latte rappreso5. Fra questi profumi, si leva l’elegia, dolce canto antico, che se non tramanda più all’immortalità un giovane guerriero, morto nelle prime file e bello anche da morto, dà a persona vivente e amata le ali con cui sul mare e sulla terra potrà volare facilmente. E presente essa persona sarà in tal modo ai banchetti e ai festini tutti, e i giovani negli ama-

  1. Solon 13 B. 63.
  2. Non è anche dei convivi furerei Hor. C. [II-VII] 28.
  3. Xen. 1 B. v. 21 e segg. 2 B. v. 11.
  4. Io Chius 2 B. v. 7.
  5. Xen. 1 B.