Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu/108

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sulla mia terra sbarcai, ma son sempre in affanni. Oh! nessuno
fu più felice di te, nè sarà mai per essere, Achille!
Prima, allorquando vivevi, l’onore che s’usa agli dei,
ti si rendeva, e frattanto tu stendi l’impero sui morti,
or che sei qui: nè da morto tu hai che rimpiangere, Achille!„


il supremo rimpianto

Disse: ed Achille via via ricambiandomi i detti, rispose:
“Eh! via: non mi lodare la morte, o sereno Odisseo;
stare piuttosto amerei per garzone con uomo straniero;
un pover’uomo, che molto già non possedesse di bene:
ch’essere, di quanti morti la morte consunse, il sovrano.
Ma dimmi su di mio figlio ammirabile qualche parola,
s’egli già venne alle guerre per esservi primo, o se meno.
Parlami ancor di Pelèo, l’incolpabile, se ne sai nulla,
s’egli com’era, è puranco tra i molti Mirmidoni in pregio,
o se per l’Ellade e se per la Ftia già gli negano onore,
certo perchè la vecchiaia gli lega le mani ed i piedi.
Oh! se gli fosse quest’io difensore alla luce del sole,
tale tornando qual già nella larga campagna di Troia
davo alla morte, campione d’Argivi, quel popolo forte!
Oh! se tornassi così per un poco, alla casa del padre!
Oh! tremerebbe qualcuno di queste intangibili mani
e di quest’ira tra quelli che forza e disdoro gli fanno!„


il supremo conforto

     Questo diceva: quand’io ricambiando i suoi detti, gli dissi:
“Per verità, di Pelèo, l’incolpabile, nulla ho saputo:
di Neottòlemo sì, del tuo caro figliuolo, che posso