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1946 | 301 |
23 giugno.
È il solito marasma di una fine di passione — anarchico, spossato e velleitario. Ma stavolta non c’è stata passione — tanto meglio si vedono le componenti pigro-voluttuose del mio abbandono. La pura legge del mio mito. Come chiusa della vita romana non potevo immaginare nulla di piú a proposito.
Quando io devo abbandonare una città, la città si mette a marcire. Sono fortunato.
24 giugno.
Suo soddisfacimento amoroso è la smorfia di dispetto che riesce a strappare a una donna. Altro sorriso non ottiene.
27 giugno.
Tentazione dello scrittore
Aver scritto qualcosa che ti lascia come un fucile sparato, ancora scosso e riarso, vuotato di tutto te stesso, dove non solo hai scaricato tutto quello che sai di te stesso, ma quello che sospetti e supponi, e i sussulti, i fantasmi, l’inconscio — averlo fatto con lunga fatica e tensione, con cautela di giorni e tremori e repentine scoperte e fallimenti e irrigidirsi di tutta la vita su quel punto accorgersi che tutto questo è come nulla se un segno umano, una parola, una presenza non lo accoglie, lo scalda — e morir di freddo — parlare al deserto — essere solo notte e giorno come un morto.
2 luglio.
Basta mentire — esagerare, giocare sulla situazione data — ed ecco che i risultati sono eccezionali, ecco che vedi l’altra esitare e soffrire. Puoi chiedere di piú? Il gioco carnale non può uscire dalla menzogna, dal press’a poco.