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capitolo quinto 261

bre, procedè a parecchi arresti e a molte ammonizioni1. Fra quelli che furono ammoniti vi erano l’ex-frate Bianchi, il Majolini e il Galeotti, che fuggirono di Roma e ripararono nelle vicine vigne. Fra gli arrestati il Carbonelli ed il Bomba, i quali furono incarcerati la sera del 12 novembre e condotti alla brigata Governo, in via del Governo Vecchio, «le cui milizie di guardia furono rinforzate durante il breve tempo della loro carcerazione» — come narrava al giudice processante il capo della sezione di polizia giudiziaria al ministero dell’interno Domenico Antonio Nardini — il quale ricordava benissimo, nel maggio del 1853, allorchè fu interrogato, che il Rossi gli aveva detto «essere il Carbonelli un letterato parlatore e molto agitatore del popolo, uomo intraprendente e che aveva molti proseliti e che perciò conveniva allontanarlo»2.

Il maresciallo dei carabinieri Francesco Luparelli ebbe in consegna il Carbonelli e il Bomba — emigrati napoletani, a cui il Nardini aveva intimato lo sfratto dallo stato romano — dal capitano Bossi, il 14 novembre a mattina, a Porta Cavalleggeri. Il Carbonelli e il Bomba erano stati condotti là dalle carceri del Governo entro una vettura chiusa: in quella vettura salirono il maresciallo Luparelli, il brigadiere Cecio e a cassetta il carabiniere Tomassetti e la vettura parti per Civitavecchia, ove giunsero tutti la mattina del 15 e dove i due prigionieri furono consegnati al tenente dei carabinieri Bedini3.

E, siccome si è disputato se realmente si fosse disposto, oppur no, che i due esuli napoletani fossero riconsegnati al governo borbonico, così riproduco qui l’ordine del capitano Bossi, tale quale fu consegnato al maresciallo Luparelli, che lo conservò e lo esibì al giudice inquirente, da cui fu raccolto in processo.


  1. Dal Processo di lesa maestà cit., deposizione Pericoli, foglio 5015 a 5030; deposizione Pentini, foglio 6792 a 6796; deposizione Nardini, foglio 7691 a 7715.
  2. Dal Processo cit., deposizione Nardini suddetto, foglio 7691 a 7715.
  3. Dal Processo cit., deposizione Luparelli, foglio 7721 a 7727. Il maresciallo Luparelli atferrna nella sua deposizione che i due, durante il viaggio, non fecero che «sparlare accanitamente del ministro Rossi e del Re di Napoli e specialmente il Carbonelli si esprimeva, con aria d’assicurazione: Rossi me la paga, ancora non siamo arrivati a Civitavecchia^ ed altre simili minaccie, onde compresi che dovesse essere qualche capo rivoluzionario».