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PENSIERI E GIUDIZI 41

seconda giovinezza, e facendogli pregustare le gioie di una primavera immortale.


VII.


Se la musica è la parola indefinita dell’indefinibile, due sono i Geni sovrani che, non uscendo mai dai limiti dell’arte propria, abbiano saputo cavare da essa i più mirabili effetti: Beethoven e Bellini.

Le sonate di Beethoven c’inalzano nel regno indefinito del pensiero, agitato da occulte potenze, popolato di esseri sovrumani che parlano un linguaggio di vaticini superbi e di ricordanze sublimi. Il genio del maestro, seduto maestosamente su la vetta luminosa di una immensa piramide, ascolta estasiato l’armonia delle sfere, la raccoglie nell’animo che fedelmente la riecheggia, la versa con liberalità sapiente, con munificenza divina dintorno a sè nell’oblio della terra, nell’oblio delle turbe aspettanti a piè del suo trono la parola consolatrice.

Il regno di Bellini è tutto nell’indefinito sentimento, nella malinconia congenita della vita. L’amore e il dolore, argomenti perpetui di ogni arte, ricevono da lui un’espressione profondamente e sostanzialmente musicale. La vita non è da lui rappresentata nella sua cruda drammatica realtà, come nelle opere del Verdi, non sorpresa alla superficie fra lo scintillìo capriccioso, come nella ditirambica ebbrezza dell’opera rossiniana: la