Pagina:Perodi - I bambini delle diverse nazioni, Firenze, Bemporad, 1890.djvu/121

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le materasse e le coperte sono cavate fuori dalle casse, dove stanno durante il giorno, e sono stese per terra.

Cinque volte il giorno il Muezzin, dalla terrazza del minareto, invita i fedeli alla preghiera. La Illah, it Allah, egli grida, il che significa: «Non c’è che un Dio, un solo Iddio!»

Oltre queste cinque preghiere speciali, il ragazzo turco deve fare uso del suo tesbik (rosario), il quale è di legno, di corallo, di agata o di madreperla. Alcuni rosari sono composti di pietruzze, raccolte dai pellegrini sulla via della Mecca. Ogni rosario deve avere novantanove chicchi divisi in tre parti. I bambini fanno scorrere i chicchi fra le dita, dicendo ogni volta: «Allah!»

Fino dalla culla, il bambino turco è assuefatto alla superstizione. Non v’è madre, per esempio, che faccia veder suo figlio prima che abbia sei settimane, per paura che qualcuno possa dargli il mal d’occhio. Questa espressione ha lo stesso significato che in italiano, e vuol dire portar disgrazia, la quale, la madre ne è convinta, colpirebbe il bimbo, se il visitatore, nel lodare la sua buona salute, non aggiungesse Marsh Allah (Dio lo preservi). Tutti i bambini portano talismani per proteggerli dalle disgrazie, dalle malattie, dagli incantesimi e dagli spiriti maligni.

I bambini hanno pochi divertimenti, e ora soltanto, nelle nuove scuole, incominciano a imparare la ginnastica e il nuoto. Fra padre e figlio vi è poca confidenza, perchè i figli non possono neppur parlare in presenza del padre se non sono interrogati. Nonostante, regna fra di loro molta affezione, e senza che sieno istruiti, hanno due virtù ingenite, che sono l’onestà e la temperanza. Nè in città nè in campagna non si troverà mai un ragazzo che rubi, nè un uomo dedito all’ubriachezza, perchè ai turchi è vie-

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