Pagina:Perodi - I bambini delle diverse nazioni, Firenze, Bemporad, 1890.djvu/56

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I ragazzi hanno raggiunto la mèta sani e salvi, e si preparano ad ascendere la collina mandando grida di gioia e cercando con gli occhi i rossi grappoli del ribes. A quelle grida risponde il figlio del navicellaio, guardandoli con rincrescimento mentre aiuta il padre a ormeggiare la zattera. Quel bambino lavora molto ed ha pochi passatempi, ma cresce forte e robusto, ed ha una sorte più invidiabile di molti bambini del suo paese, i quali sono mandati ogni primavera nella Svevia per lavorare in campagna. Fa pena a vedere quei bambini, alcuni dei quali hanno appena otto anni, adunarsi in diversi punti del Tirolo per intraprendere il viaggio. Quelli che già ci sono stati non sono afflitti, ma per i piccini che lasciano per la prima volta la famiglia il distacco è doloroso e costa loro molte lagrime.

Vestiti miseramente, con un bastone in mano e un fagotto in ispalla, contenente una camicia, un po’ di pane e un pezzo di cacio, si uniscono in drappelli e incominciano in marzo il loro pellegrinaggio di villaggio in villaggio, guidati da un vecchio e da una vecchia. Quei poveri bambini vivono di elemosina, e nessuno rifiuta loro un pezzo di pane.

Fanno tutti il viaggio a piedi e quando giungono a Ravensburg, o a Weingarten, o a Waldsee, vicino al lago di Costanza, hanno i piedi piagati e sono stanchi rifiniti.

Il primo mercato (perchè li portano al mercato) ha luogo a Ravensburg il 19 marzo. Nelle strade sono disposti i ragazzi in due file, aspettando chi li scelga. I contadini del vicinato o dei paesi più distanti vanno a scegliere i piccoli emigranti, ai quali spesso rivolgono la strana domanda: «Siete già stato accaparrato, ragazzo?» E il ragazzo che è libero, risponde saltando attorno al contadino: «Compratemi, via, compratemi!»