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La primavera, in Russia, è breve, brevissima. Nei tempi lontani essa non era neppur classificata fra le stagioni. Viene improvvisamente e non ha tempo neppure di destare le piante dal lungo sonno invernale, nè di vedere i fiorellini spuntare fra l’erba dei pirati e sulle sponde dei ruscelli. Sparisce improvvisamente come è venuta, senza rivedere il cuculo, la lodola e la rondine. Nei giorni consueti, riappariscono tutti quei cari uccellini, riappariscono reduci dal paradiso, come dice la leggenda, portando con sè il calore.

Ogni stagione ha le sue canzoni. Dopo che i bambini hanno cantato le lodi della primavera, danno la benvenuta alla estate, con le lunghe e calde giornate, durante la quale, nel settentrione della Russia, il sole resta quasi sempre sull’orizzonte. Poi cantano l’autunno e l’inverno, ma quei canti sono malinconici, sono lamenti per la partenza degli uccelli, per la caduta delle foglie e per la morte dei fiori; sono canzoni di bambini smarriti nella neve, sbranati dagli orsi, o divorati dai lupi affamati.

I bambini dei ricchi in Russia, sono educati con molto lusso e vivono in case bellissime. I figli dei nobili vanno raramente a scuola; sono invece istruiti da precettori o governanti. Tanto i precettori quanto le governanti vengono di Francia, di Germania o di Inghilterra, e i bambini, che sentono parlare quelle lingue fino dalla loro infanzia, le imparano generalmente con molta facilità. Finchè sono piccoli, i bambini dei signori, e specialmente i maschi, sono molto graziosi e vestiti pittorescamente. I caftans di stoffa persiana ricamata, o di panno di Circassia, sono legati alla vita da fusciacche bellissime, nelle quali sono infilati piccoli pugnali dalle tre else, e berretti e turbanti di ogni forma o colore coprono le testoline ricciute dei