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sgomento, con tremante voce le risposi i versi di Virgilio.
Vergine, e qual mai nome a te dar posso?
Che mortali non son le tue sembianze,
Né come d’uom la tua voce risuona.
Io sono colei, mi rispose, che tu, con non so quale ricercata eleganza, hai descritto nell'Africa nostra, ed a cui, non altrimenti che il dirceo Anfione, con maraviglioso artifizio, e come a dire con poetiche mani, innalzasti nell’estremo occidente, e a sommo l’Atlante, una splendida e sontuosa abitazione. Orsù dunque ascoltami di buon animo; nè ti metta paura la presenza di chi venuta con te a dimestichezza da lunga stagione, hai dipinto con maestri colori. Tacque appena, che io, nel riandare il passato, pensai che niun’altro dovesse esser costei, se non la Verità, a cui ricordaimi aver collocato il palazzo sulle atlantiche vette; pur non poteva appormi di qual luogo fosse venuta, eccetto che dal cielo. Or mentre io rialzava gli occhi bramosi di riguardarla, le raggiò dalla fronte tal lume, che bisognommi atterrarli una seconda fiata: di che fattasi accorta, e non frapposto che un breve silenzio, caldamente favellando, e d’una in altra domanda passando, così con minute richieste mi rincalzò,