Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/52

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dà lode di astuto, ma con già di valoroso lottatore.

A. — Noi parliamo alla presenza della verità, che è amica di tutta schiettezza e nemica alla frode. Epperchè ne resti ognor più persuaso, discorriamo pur quindinnanzi quanto più semplice vuoi.

P. — Non potevi dirmi cosa più cara di questa. Or tu dunque mi dimostra in qual modo avvenga che, essendo misero, nè il posso negare, io me ne rimanga tale di mia volontà. E sento pure che questa mi è acerbissima cosa, e in tutto contraria al voler mio; ma non posso altrimenti.

A. — Purchè mi attenga i patti, io ti farò vedere che devi usare altre parole da queste.

P. — A che patti accenni? di che parole deggio valermi?

A. — I patti fermati sono, che noi, rigettata ogni arte ingannevole, con tutta ingenuità moviamo alla ricerca del vero. In quanto poi alle parole da adoperarsi, io ti feci scorto a non dire che non possa, ma sì che tu non voglia.

P. — Così ce n’andremo all'infinito; perchè non m'indurrò mai a tal confessione. Mel so ben io, e tu lo vedesti, se anche volendo potei; se le lagrime che sparsi mi giovarono punto.

A.— Questo è ben vero; ma non già che efficacemente volessi.