Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/240

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— Chi à portata questa lettera? — dimandò il duca al lacchè.

— Una specie di messere, che aspetta la risposta.

— Fatelo aspettare.

E Pradau non dimandava di meglio che aspettare.


VII.

L’estetica della livrea insegnata nell’anticamera.

Egli aveva bello chiamarsi Pradau, come si era chiamato di cento altri nomi in Russia, in Polonia, in Austria, in Turchia, in Italia. Egli aveva bello azzeccarsi delle basette troppo scure, dei capelli neri con una cresta a mo’ di Luigi Filippo, a bellettarsi come il famoso duca di Brunswick... Egli non si sottrarrà ai nostri sguardi come a quelli della polizia. Egli sarà per noi ciò che è: il babbo Tob, il capo degli zingari. Egli non è meno adesso, che quando si chiamava babbo Timoteo, l’intendente di madama Augusta Thibault.

Egli non à perfezionato il suo carattere, e non à aumentato nella nostra stima, in proporzione che à aumentato la sua fortuna, i suoi talenti, le sue relazioni sociali.

Aspettando la risposta dell’ambasciadore, e’ chiese di dir buongiorno a M. Claret, l’intendente del duca di Balbek, cui egli aveva incontrato nel mondo.

E’ chiacchiera adesso con quel degno uomo. Di che?

Ascoltatelo, se vi piace. Messer Tob è sempre istruttivo come i libercoli pii dei RR. PP. dalla Società di Gesù.

Passiamo i complimenti e le informazioni piene d’interesse sulla salute di M.me Claret.

— Io ve lo affermo, M. Claret, voi dovete cambiare il cameriere del vostro padrone, per l’onore della casa e per rispetto di voi stesso.

— Ma, signore, il duca è contento del suo cameriere.