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la bicicletta di ninì 271

una concreta ma piena di fantastica paura, cioè che fossero molte ore che aveva lasciato il babbo: che la Villetta Rosa fosse lontana grandi miglia, e la città fosse anche più lontana: che non si fosse in su la prima sera, ma a notte piena; una di quelle notti lunghe, come si legge nelle fole, lunghe per l'incantamento dei maghi e delle versiere, i quali hanno fermato la luna lassù e hanno detto al sole di non apparire, e quando avranno finito le loro tregende, diranno al sole: «Su via, vieni fuori!»

Ma nel suo buon senso di bambino savio e che avea studiato, capì che tutte codeste fantasie aveano una certa parentela con un sentimento brutto che avea persino paura di nominare - la paura! - e per mandarle via, cominciò a suonare il campanello allegramente, come volesse dire: “Olà, se c'è qualcheduno, si scansi, che passa la mia bicicletta„! Ma non c'era nessuno e suonava a vuoto, anzi lo squillo, nell'austera immobilità della campagna, rispondeva quasi lugubre e pareva un grido che chiami soccorso.

I pagliai grandi come fantasime, le case rare e velate di ombre e di luce; sopratutto i tronchi spettrali degli alberi invece di incoraggiarlo e fargli buona cera come avreb-