inclinazioni, colle nostre religioni, e colle nostre
altre pratiche civili, e forensi. Noi non abbiamo
più que’ Magistrati, ed Uffiziali, de’ quali viene
in tante Leggi Romane fatta menzione. Non
c'è più quella distinzione tra il Pretore, ed il
Giudice, e tra le cose, che si fanno in Jure,
ed avanti il Giudice Pedaneo. La Giurisdizione
de' Magistrati ha presso di noi un'altra natura,
e produce tutt'altri effetti, che presso i Romani.
Sicchè inutili sono per noi quelle tante Leggi,
che di tali materie trattano. E ne sentiamo
anzi del pregiudizio, poichè gli stolti, che non
le capiscono, e che sono nella nostra facoltà in
numero infinito, vogliono pur far pompa con esse,
ed applicarle ai Tribunali, agli Ufiziali, ed
ai giudizj de’ nostri tempi, dal che altro non nasce,
che imbroglio, e confusione. Più non sono
in uso fra noi i servi, le manomissioni, i liberti,
i libertini, i censiti, i coloni, ed altre spezie
di agricoltori, nè i veterani, nè le altre cose
della milizia di que’ tempi, che formano tuttavia
una immensa quantità di Leggi nella Raccolta
di Giustiniano. Non s'ode più parlar delle satisfazioni
pretorie, giudiziali, comuni, e di tali altre
cauzioni; delle diminuzioni del capo, delle
pretorie possessioni de’ beni; e raramente usate
sono le arrogazioni, le adozioni, e gli altri atti
legittimi de’ Romani. I nostri linguaggi, e le
nostre maniere d’esprimersi sono tutto differenti
da quelle de’ vecchi tempi. E però quasi tutti
que’ titoli, che riguardano le maniere del lasciare
i Legati, e d’interpretarli, sono a giorni nostri
superflui, e recano soltanto disturbo, e
confusione per la ignoranza, o malizia di coloro,