avere ormai questo necessario, e sostanziale
requisito, non debbono a’giorni nostri poter più
servire di Leggi. Poichè, come sarà egli possibile,
che la gente, che non sa più in là dell’abbiccì,
o anche le altre persone colte, e letterate,
le quali però alla Giurisprudenza non si
sono con particolare studio applicate, abbiano
una sufficiente cognizione delle Leggi di
Giustiniano, quando coloro medesimi, che si mettono
a studiarle, come si suol dire con l’arco
dell’osso, e che ne fanno professione, pure con tutte le
loro fatiche, ed applicazioni in un tanto bujo si
trovano, che non sanno dove porre nè piedi,
nè mani, e ben sovente cose tali proferiscono,
che farebbero per istomacaggine saltar le pietre
fuori delle mura. Non s’hanno adunque da
tollerar Leggi cotali, che in vece di servire
ad impedire, che nascano liti, ed a decidere con
ragionevolezza le controversie, sono piuttosto
acconcie a partorire, e conservare le discordie, ed i
processi in quella Repubblica, dove siano ricevute.
III. Una delle più essenziali, ed importanti
qualità di quelle Leggi, che all’amministrazione
della giustizia destinate sono, si è quella
dell’essere il più, che sia possibile, conformi alla
retta ragione, e all’equità, ed al diritto naturale.
La qual cosa tanto è necessaria, che dove
essa manchi, molti grandissimi disordini ne
debbono senza alcun fallo seguitare: E particolarmente
Leggi tali, che troppo si scostano dall’equità,
e dal raziocinio naturale, non sono atte
a riscuotere da’ cittadini la dovuta ubbidienza,
non che quel gran rispetto, che per le Leggi
comunemente si ha.