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Pagina:Pirandello - L'Umorismo, 1908.djvu/150

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146 parte seconda

troppo sommaria. Che se accanto ad alcune determinazioni affatto incomplete, come abbiamo veduto, altre ve ne sono indubbiamente più comuni, l’intima ragione di esse non è poi veduta affatto con precisione nè spiegata.

Rinunzieremo noi a vederla con precisione e a spiegarla, accettando l’opinione di Benedetto Croce che nel Journal of comparative Literature (fasc. III, 1903) dichiarò indefinibile l’umorismo come tutti gli stati psicologici, e nel libro dell’Estetica lo annoverò tra i tanti concetti dell’estetica del simpatico? «L’indagine dei filosofi — egli dice — si è a lungo travagliata intorno a questi fatti, e specialmente intorno ad alcuni di essi, come, in prima linea, il comico, e poi il sublime, il tragico, l’umoristico e il grazioso. Ma bisogna evitar l’errore di considerarli come sentimenti speciali, note del sentimento, ammettendo così delle distinzioni e classi di sentimenti, laddove il sentimento organico per sè stesso non può dar luogo a classi; e bisogna chiarire in che senso possano dirsi fatti misti. Essi dan luogo a concetti complessi, ossia di complessi di fatti, nei quali entrano sentimenti organici di piacere e dispiacere (o anche sentimenti spirituali-organici), e date circostanze esterne che forniscono a quei sentimenti meramente organici o spirituali-organici un determinato contenuto. Il modo di definizione di questi concetti è il genetico: Posto l’organismo nella situazione a, sopravvenendo la circostanza b, si ha il fatto c. Questo e simili processi non hanno col fatto estetico nessun contatto: salvo quello generale che tutti essi, in quanto costituiscono la materia o la realtà, possono essere rappresentati dall’arte; e l’altro, accidentale, che in questi processi entrino talvolta dei fatti estetici, come nel caso dell’impressione di sublime che può produrre l’opera di un artista titano, di un Dante o di uno Shakespeare, o di quella comica