Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/144

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La signorina Luisetta m’ha subito riconosciuto. Mi sono affrettato ad avvicinarmi per salutarla; ella ha voluto presentarmi alla mamma e al babbo; ma non ricordava più il mio nome. L’ho tratta d’impaccio, presentandomi da me.

— Operatore, quello che gira, capisci, Nene? — ha spiegato subito, con timida premura, Cavalena alla moglie, sorridendo, come per implorare un po’ di degnazione.

Dio, che faccia la signora Nene! Faccia di vecchia bambola scolorita. Un casco compatto di capelli già quasi tutti grigi le opprime la fronte bassa e dura, in cui le sopracciglia giunte, corte, ispide e dritte, sembrano una sbarra fortemente segnata a dar carattere di stupida tenacia agli occhi chiari e lucenti d’una rigidezza di vetro. Sembra apatica; ma, a guardarla attentamente, le si scorgono a fior di pelle certi strani formicolii nervosi, certe repentine alterazioni di colore, a chiazze, che subito scompajono. Ha poi, di tratto in tratto, rapidi gesti inaspettati, curiosissimi. L’ho sorpresa, per esempio, a un certo punto, che rispondeva a un supplice sguardo delle figliuola, accomodando la bocca ad O e ponendovi in mezzo il dito. Evidentemente, questo gesto significava:

— Sciocca! perchè mi guardi così? —

Ma la guardano sempre, almeno di sfuggita, il marito e la figliuola, perplessi e ansiosi nella paura, che da un momento all’altro non dia in qualche furiosa escandescenza. E certo guardandola così, la irritano di più. Ma chi sa che vita è la loro, poveretti!

Già Polacco me n’ha dato qualche ragguaglio.