Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/81

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Dacchè l’hanno comperata, sono andato ogni giorno a visitarla, prima di mettermi all’opera. Due giorni soli non ho potuto, perchè non me n’hanno dato il tempo.

Abbiamo avuto qua altre bestie feroci, sebbene molto immalinconite: due orsi bianchi, che passavano le giornate, ritti su le zampe di dietro, a picchiarsi il petto, come trinitarii in penitenza: tre leoncini freddolosi, ammucchiati sempre in un canto della gabbia, l’uno su l’altro: anche altre bestie, non propriamente feroci: un povero struzzo spaventato d’ogni rumore come un pulcino, e sempre incerto di posare il piede: parecchie scimmie indiavolate. La Kosmograph è fornita di tutto, e anche d’un serraglio, per quanto gl’inquilini vi durino poco.

Nessuna bestia m’ha parlato come questa tigre.

Quando noi l’abbiamo avuta, era arrivata da poco, dono di non so quale illustre personaggio straniero, al Giardino Zoologico di Roma. Al Giardino Zoologico non han potuto tenerla, perchè assolutamente irriducibile, non dico a farle soffiare il naso col fazzoletto, ma neanche a rispettare le regole più elementari della vita sociale. Tre, quattro volte minacciò di saltare il fosso, si provò anzi a saltarlo, per lanciarsi sui visitatori del Giardino, che stavano pacificamente ad ammirarla da lontano.

Ma qual altro pensiero più spontaneo di questo poteva sorgere in mente a una tigre (se non volete in mente, diciamo nelle zampe), che quel fosso cioè fosse fatto appunto perchè essa si provasse a saltarlo, e che quei signori si fermassero lì davanti per essere divorati da lei, se riusciva a saltare?