Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/182

Da Wikisource.


Molto curato, non pur nei panni, anche nell’acconciatura dei capelli e dei baffi fino all’ultimo pelo; biondo biondo, e d’aspetto, non dirò volgare, ma comune a ogni modo; tutte quelle cure avrebbe potuto risparmiarsele, perchè gli abiti addosso a lui, di fattura inappuntabile, restavano come non suoi, del sarto che glieli aveva cuciti; e anche quella sua testa così ben ravviata e quelle sue mani così tornite e levigate, anzichè attaccate vive e di carne al suo solino e alle sue maniche, potevano figurare senza alcuno scàpito esposte mozze e di cera nelle vetrine d’un parrucchiere e d’un guantajo. Sentirlo parlare, vedergli socchiudere gli occhi cilestri smaltati nella beatitudine d’un perenne sorriso per tutto ciò che gli usciva dalle labbra coralline; vedergli poi riaprire quegli occhi e la pàlpebra del destro restargli un po’ tirata e appiccicata, quasi non riuscisse a distaccarsi così presto dal prelibato sapore di un’intima soddisfazione che nessuno avrebbe mai supposto in lui; non poteva non fare una stranissima impressione, tanto pareva finto, ripeto: fantoccio da sarto e testa da vetrina di barbiere.

Ora, mentre me l’aspettavo così, la sorpresa di trovarmelo davanti tutto scomposto e agitato servì soltanto a stuzzicare in me d’improvviso il desiderio di provare quel rischio squisito con cui uno muove inerme e sorridente contro un nemico che lo minacci armato, dopo avergli intimato di non muoversi d’un passo.

L’estro riacceso in me m’imponeva difatti sulle labbra un sorriso di sfida e sulla fronte un’aria di sme-