Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/199

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motivo, se Gengè la schivava, quand’ella veniva in visita; la paura d’innamorarsene.

Non mi riconosco nessun diritto di smentire codesta simpatia di Gengè per Anna Rosa. Potrei al più sostenere che non era vera per me; ma non sarebbe giusto neppure questo, perchè effettivamente non m’ero mai curato di sapere se sentissi antipatia o simpatia per quell’amichetta di mia moglie.

Mi pare d’aver dimostrato a sufficienza che la realtà di Gengè non apparteneva a me, ma a mia moglie Dida che gliel’aveva data.

Se Dida dunque attribuiva quella segreta simpatia al suo Gengè, importa poco ch’essa non fosse vera per me: era tanto vera per Dida, che vi trovava la ragione per cui mi tenevo lontano da Anna Rosa; e tanto vera anche per Anna, che le occhiate che qualche volta io le avevo rivolte di sfuggita erano state anzi interpretate da lei come qualche cosa di più, per cui io non ero quel carino sciocchino Gengè che mia moglie Dida si figurava, ma un infelicissimo Signor Gengè che doveva soffrire chi sa che strazii in corpo a essere stimato e amato così dalla propria moglie.

Perchè, se ci pensate bene, questo è il meno che possa seguire dalle tante realtà insospettate che gli altri ci dànno. Superficialmente, noi sogliamo chiamarle false supposizioni, erronei giudizii, gratuite attribuzioni. Ma tutto ciò che di noi si può immaginare è realmente possibile, ancorchè non sia vero per noi. Che per noi non sia vero, gli altri se ne ridono. È vero per loro. Tanto vero, che può anche capitare che gli