Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/214

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quella di prima. La luce degli occhi le si era fatta più intensa, quasi cupa. Diceva di non poter dormire. L’odore dei suoi capelli densi, neri, un po’ ricciuti e aridi, quando la mattina se li trovava sciolti e arruffati sul guanciale, la soffocava. Se non era per il ribrezzo delle mani d’un parrucchiere sul suo capo, se li sarebbe fatti tagliare. Mi domandò, una mattina, se io non avrei saputo tagliarglieli. Rise del mio imbarazzo nel risponderle, poi si tirò sul viso la rimboccatura del lenzuolo e rimase così un gran pezzo col viso nascosto, in silenzio.

Sotto le coperte s’indovinavano procaci le formosità del suo corpo di vergine matura. Sapevo da Dida che ella aveva già venticinque anni. Certo, standosene così col viso nascosto, pensava ch’io non avrei potuto fare a meno di guardare il suo corpo come si disegnava sotto le coperte. Mi tentava.

Nella penombra della cameretta rosea in disordine, il silenzio pareva consapevole dell’attesa vana d’una vita che i desiderii momentanei di quella bizzarra creatura non avrebbero potuto mai far nascere nè consistere in qualche modo.

Avevo indovinato in lei l’insofferenza assoluta d’ogni cosa che accennasse a durare e stabilirsi. Tutto ciò che faceva, ogni desiderio o pensiero che le sorgevano per un momento, un momento dopo erano già come lontanissimi da lei; e se le avveniva di sentirsene ancora trattenuta, erano smanie rabbiose, scatti d’ira e perfino scomposte escandescenze.

Solo del suo corpo pareva si compiacesse sempre,