Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/226

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il modo d’accorgermi di come avesse fatto a cavare improvvisamente la rivoltella di sotto al guanciale per tirarmi. Cosicchè, non parendomi allora ammissibile ch’ella, dopo avermi attratto a sè, avesse poi voluto uccidermi, con la più schietta sincerità diedi, a chi m’interrogava, quella spiegazione del caso che mi sembrava più probabile, cioè che il ferimento, anche quel mio ferimento come già il suo al piede, fosse stato accidentale, dovuto al fatto, certo riprovevole, di quella rivoltella che si trovava sotto il guanciale e che certo io stesso dovevo avere urtato e fatto esplodere nello sforzo di sollevare l’inferma che m’aveva domandato d’essere messa a sedere sul letto.

Per me la bugia (bugia doverosa) era soltanto in quest’ultima parte della risposta; a chi m’interrogava apparve invece tutta quanta così sfacciata, che ne fui aspramente rimbrottato. Mi si fece sapere che la giustizia si trovava già, per fortuna, in possesso della confessione esplicita della feritrice. Io allora, per un bisogno irresistibile di dimostrare la mia sincerità, fui così ingenuo da dare a vedere, nello sbalordimento, la più viva curiosità di conoscere qual mai ragione avesse potuto dare la feritrice del suo atto violento contro di me.

La risposta a questa domanda fu una fragorosissima sbruffata che quasi mi lavò la faccia.

— Ah, lei voleva soltanto metterla a sedere sul letto? —

Restai basito.

La giustizia doveva già anche trovarsi in possesso