Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/19

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Tutti i filosofi del mondo, da Platone ad Hegel, si accordano nel riconoscere l’esistenza di una legge che chiamano idea, sostanza, logica ecc... che regola le condizioni e relazioni degli uomini. Stabilito un tal principio, svolgono i ragionamenti; ma le conseguenze non sono d’accordo col principio d’onde prendono le mosse. Quel primo concetto, tutto astratto, è creato dal pensiero indipendentemente da fatti: ma una tale astrazione non dura che un istante, la realtà riprende il suo imperio, e la ragione non può che insinuarsi attraverso i fatti, e quindi le conclusioni a cui ognuno di essi giunge, si adattano alle condizioni di quei popoli fra i quali vissero. Platone ed Aristotile sacrificano l’uomo alla grandezza dello stato, perchè tali erano le greche costituzioni. Loke riconosce la sovranità della nazione sul monarca, perchè scriveva all’epoca de’ rivolgimenti dell’Inghilterra, e per esso la nazione è quale era l’inglese; col parlamento, coi grandi, coi pubblici funzionarii. I filosofi francesi, per contro, che scrivevano sotto l’impulso del bisogno di abbattere ogni privilegio, riconoscono il diritto, la sovranità del popolo nel puro senso democratico. Kant comecché razionalista, era un inglese che scriveva, nel 97; quindi afferma che il popolo francese non aveva il diritto di giudicare, e condannare il suo re.

Dopo la rivoluzione del 93 le condizioni del popolo sono cangiate, e con esse cangiano le idee sorte dai nuovi mali; la miseria crescente chiama a sè l’anima dei pensatori, quindi essi non sacrificano più l’individuo allo stato, ma al diritto d’ogni uno vogliono che s’adatti la costituzione di esso, e mirano all’umana prosperità; d’onde l’idea del convitto umano, del socialismo, rivolto nell’applicazione alla ricerca dei godimenti materiali.