Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/58

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to da noi che ogni anima d’uomo ha dovuto naturalmente osservare le essenze, senza che non sarebbe venuto in questo corpo umano: ma non è facile per tutti che si ricordino delle cose vedute di sopra, nè per quelli che troppo breve tempo le guardarono nè per quelli che caduti qui in basso ebbero così mala fortuna, che da alcune pratiche portati ad essere ingiusti, si dimenticarono delle cose sacre vedute da essi in altro tempo. E pochi veramente ne rimangono i quali conservino una sufficiente ricordanza, e questi allorché veggono qualche cosa che somigli quelle di lassù ne sono percossi, nè sono più in sè, nè sanno la ragione, nè discernono bene che cosa sia ciò ch’essi provano dentro. Or io ti dico che nè di giustizia nè di temperanza nè di quante cose sono care all’anima umana nessun raggio risplende nelle immagini che noi vediamo quaggiù, anzi con l’aiuto di mezzi imperfetti a stento e pochi di essi avvicinandosi a queste ravvisano la figura prima delle immagini rappresentate. Ma allora questa bellezza era una cosa splendida a vedere, quando noi mischiati al coro beato in quella felice visione e contemplazione, noi seguitando Giove, ed altri seguitando gli altri Dei, guardavamo e ci perdevamo in que’misteri che ci è lecito chiamare santissimi e ad essi potevamo attendere quando eravamo perfetti ed ignari de’mali che ci aspettavano nel