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Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/145

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     T’ha per suo famigliar anco accettato,
Con privilegio di poter far versi,
Senza pericol mai d’esser balzato.
     Però che quando gir pe ’l mondo spersi
I Medici, cacciati da Fiorenza,
E che fin si vestiro da conversi,
     Arrivaro in Pirnaso, e con licenza
Di Apollo, ci comprar non so che terre,
Dove poi fabbricaro una sapienza.
     Ma sappi, ch’essi beni (acciò non erre)
Perch’eran feudi de le sacre Muse,
Leon gli liberò dopo le guerre.
     Dove, chiamato a suon di cornamuse,
Dovea gir per rettore il divin Pico,
Ma d’andarvi la via morte li chiuse.
     Sempre i medici poi quel loco aprico
Cercato han conservar con ogni ingegno,
A beneficio sol di qualche amico.
     Udito questo, io subito disegno
Di mostrar quella lettra famigliare,
Di che ’l mio cardinal mi fece degno.
     Che sempre al collo la solea portare
Come gli antichi, se venian difesi
Da qualche Dio, l’imagin tutelare.
     Or basta in somma, che quel foglio presi,
E perchè meglio si leggesse il vero,
Com’un ampia patente lo distesi,