Vai al contenuto

Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/151

Da Wikisource.

PARTE SECONDA.


     Mentre pien d’una nobil meraviglia,
Miro ’l bel monte, ove l’aurora coglie
Le rose, che la fan bianca, e vermiglia;
     E fra me dico queste son le foglie,
E i fior, di che si fece in Paradiso
Per se le spoglie Adamo, e per la moglie.
     E mentre che le lodo, e non m’è avviso
Ch’altra bellezza al mondo si riserbe,
Che non merti appo lei dispregio, e riso.
     Ecco con altri fior, con più vagh’erbe,
Del saporito, e vago pratolino,
(Delizie serenissime, e superbe)
     Mi veggio appresentare un canestrino,
Mandatomi dal dotto Ruscellai,
Spirito veramente pellegrino,
     Tal che fu causa, che io mi vergognai
Del mio primier giudicio, non si tosto,
Ch’insieme questo, e quel paragonai.
     Ma non però mi muovo, o mi discosto
Dal punto, che per termine, e colonna
Al temerario ardir mi fu proposto.
     Quando ecco incontro mi si fe’ una Donna,
O più tosto una maschera (che pure
Tal mi sembrava al volto, e a la gonna)