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Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/152

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     Ch’avea la veste piena di costure
D’una latinità confusa, e guasta,
Ma rappezzata sù con le figure,
     E là dove pur sana era rimasta,
Il mutato preterito in presente
L’avea riviluppata come pasta.
     In vece poi di perle d’Oriente
Ella avea al collo un vezzo di entimemi,
E un sillogismo fatto per pendente.
     Non usava a l’andar cavalli, o remi,
Ma i suoi piè da se stessi regolati,
Acciò non si peccasse ne gli estremi.
     Nè calzava i coturni profumati
Quel dì, ma i socchi tolti da le basse
E vil capanne, mezzo affumicati.
     Con tutto ciò parea, che dilettasse,
Perch’ella avea nel venerabil viso
Un certo naso de la prima classe,
     Mezzo cristiano, e mezzo circonciso,
Ma se ’l gonfiavan mai gli sdegni, e l’ire
Tristo allor chi di lei si fosse riso.
     La bocca larga, e libera nel dire,
La lingua biforcata aver mi parve,
Sparsa di mille baie da impazzire.
     La treccia era bizzarra, e pien di larve
Il fronte, e gli occhi di sì acuta vista,
Che con Fetonte innanzi al Sol comparve.