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Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/166

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     La pena poi di chi contravenia
Fosse del pentimento esecutore,
Che spesso fa l’uffizio senza spia.
     Nacque intanto in Parnaso alto rumore
Fra i guatteri Toscani, e fu per questo
Che ognun anteponeva il suo sapore.
     Il Firenzuola ci volea l’agresto
E l’aglio, e Messer Cino il lauro pisto,
Finocchio, e noce, e tutt’aceto il resto.
     Il primo era allo stomaco assai tristo,
L’altro teneva un po’ dell’amaretto
Pel troppo lauro, che ci aveva misto.
     La cosa era a mal termine in effetto,
Però ch’ognuno innanzi al suo mortaro
Stava bravando col pistello eretto.
     Onde quei Padri cuochi terminaro
Che si chiamasse Ludovico Dolce
Com’uom di mezzo tra l’aspro, e l’amaro.
     E mentre ei vien, e l’asin gli si molce
Per bere ad un ruscel, ch’era tra via,
Misero lui, gli ci cascar le bolce,
     Ov’era ogni sua sciutta poesia,
E ’n specie il metamorfosi tradotto,
Che il rapido ruscel sel portò via.
     S’udì poscia un bisbiglio sopra, e sotto,
Che la Tosca Sapienza m’avea scritto
Per un nuovo Rettor pratico, e dotto.