Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/18

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Fosser bagnate da celeste pioggia,
O tuffate dai venti in mezzo l’onde.
Lo l’ho vedute a’ miei dì mille volte
Su le spoglie di rose, e di viole,
Di cui Zeffiro spesso il rivo infiora,
Assise bere, e solcar l’acqua intanto
L’ondanti foglie, che ti par vedere
Nocchieri andar sopra barchette in mare.
Intorno del bel culto, e chiuso campo
Lieta fiorisca l’odorata persa
E l’appio verde, e l’umile serpillo,
Che con mille radici attorte, e crespe
Sen va carpon vestendo il terren d’erba,
E la melissa, ch’odor sempre esala;
La mammola, l’origano, ed il timo,
Che natura creò per fare il mele,
Nè t’incresca ad ognor l’arida sete
Alle madri gentil delle viole
Spegner con le fredd’acque del bel rio.
     I vasi, ove lor fabbriche fan l’Api,
O sien ne’ tronchi d’alberi scavati,
O ’n corteccie di sugherii, e di quercie,
Ovver con lenti vimini contesti,
Fa ch’abbian tutti le portelle strette,
Quanto più puoi; perchè l’acuto freddo
Il mel congela, e ’l caldo lo risolve;
E l’un soverchio, e l’altro nuoce all’Api,